lunedì 10 marzo 2008

I CATTOLICI, LA POLITICA, I PARTITI.padre BARTOLOMEO SORGE: "Politica italiana: vino nuovo in otri nuovi"



Da sempre ammiratori del gesuita padre Bartolomeo Sorge (nella foto), delle sue lucide e penetranti riflessioni sulla politica italiana, intendiamo proporre per ampi stralci un suo editoriale apparso sul numero di marzo di "Aggiornamenti sociali", di cui è direttore.

Questo editoriale ha rappresentato per il sottoscritto un momento forte di approfondimento politico ma anche culturale. Un'occasione di crescita.
Invitiamo, chi volesse leggere l’articolo in forma integrale e a seguitare a leggere tutte le altre riflessioni di padre Bartolomeo Sorge, a collegarsi al sito della rivista "Aggiornamenti sociali".



Politica italiana: vino nuovo in otri nuovi Bartolomeo Sorge S.I.Direttore di «Aggiornamenti Sociali» Il 24 gennaio 2008, negandogli la fiducia con 161 «no» e 156 «sì», il Senato ha posto fine al Governo Prodi. Il 59° Governo della Repubblica è durato 617 giorni, essendo entrato in carica il 17 maggio 2006. In realtà, con quella bocciatura non è solo finito un Governo, ma si è conclusa un'intera stagione della politica italiana: quella del centro-sinistra. A sua volta, il centro-destra aveva già mostrato segni di difficoltà con la crisi della Casa delle Libertà (CdL) conclamata dal suo leader nel novembre 2007. Cosicché, a due mesi di distanza, si sono incrinate la leadership di Silvio Berlusconi e quella di Romano Prodi…
È finita una stagione politica Dal punto di vista strettamente politico-istituzionale, non c'è dubbio che la responsabilità della crisi del Governo Prodi ricada in gran parte sulla legge elettorale vigente: il cosiddetto «porcellum», termine mutuato dalla ben più colorita definizione («una porcata») fornita dal suo stesso autore, il senatore leghista Roberto Calderoli, all'indomani dell'approvazione della legge. I vizi fondamentali di questa legge sono soprattutto tre: a) l'abolizione del sistema delle preferenze, per cui i cittadini non possono scegliere i propri candidati, ma sono costretti a votare liste bloccate, confezionate dalle segreterie dei partiti; b) soglie di sbarramento così basse da favorire, anziché frenare come sarebbe necessario, la proliferazione di partiti e partitini; c) il diverso modo di assegnare il «premio di maggioranza» nei due rami del Parlamento. Alla Camera, il «premio» attribuito a livello nazionale spinge a formare coalizioni molto ampie per vincere le elezioni, ma poi la maggioranza che esce dalle urne fatica a governare a causa della sua eterogeneità ed è costretta a ricorrere continuamente al voto di fiducia; al Senato, invece, il «premio» viene attribuito a livello regionale, con la conseguenza che la seconda Camera può esprimere una maggioranza risicata (anche in caso di un minor numero di voti ottenuti) o addirittura diversa da quella della prima. Così è accaduto all'Unione. Vinte le elezioni, è nato un Governo afflitto da gravi difetti genetici. Il primo grande limite fu la frammentazione. Per vincere le elezioni, infatti, l'Unione dovette imbarcare 16 soggetti politici differenti senza una cultura politica comune, costringendo a stare insieme formazioni tra loro ideologicamente distanti e, su alcuni punti, perfino contrapposte. Perciò, bisogna dare atto alle qualità personali di Romano Prodi che ha governato per venti mesi, disponendo di due soli voti di maggioranza al Senato e con una coalizione disomogenea, divisa e rissosa…
Sarebbe mai potuta durare per l'intera Legislatura una simile commedia? In particolare la «sinistra radicale» ha mostrato di non essere sufficientemente matura per responsabilità di Governo a causa del suo anacronistico fondamentalismo ideologico, anche se poi è stata l'«ala destra» dell'Unione a provocare la crisi. La conclusione, in ogni caso, non cambia: la fine anticipata della Legislatura costituisce la prova più convincente di quanto sia urgente cambiare la legge elettorale che rende ingovernabile il Paese, impedisce la scelta libera dei rappresentanti da parte del popolo e attribuisce ai partiti più piccoli un potere di ricatto e di veto del tutto sproporzionato al loro peso reale. In una simile situazione di stallo, era inevitabile che la nascita del Partito Democratico (PD) smuovesse le acque, creasse - suo malgrado - qualche difficoltà anche a Prodi e accelerasse l'implosione del vecchio quadro politico. Abbiamo già espresso i nostri dubbi sul fatto che il PD sia nato come un soggetto politico veramente nuovo; tuttavia, non si può negare che abbia le potenzialità per diventarlo (cfr SORGE B., «Anno nuovo, politica nuova?», in Aggiornamenti Sociali, 1 [2008] 5 s.). Detto questo, si deve però riconoscere che il PD, fino a oggi, è l'unica vera novità di rilievo nella vita politica italiana degli ultimi anni. Era ineluttabile, perciò, che producesse un effetto dirompente: non solo in seno all'Unione, ma di rimbalzo anche nella CdL. Non c'è dubbio che la fine della coalizione di centro-destra, annunciata nel novembre 2007, sia dovuta anche al fatto che la nascita del PD aveva mutato lo scenario politico. Ecco perché risulta strumentale e un po' patetico il tentativo della vecchia CdL che, per rincorrere il PD, prova a rimettere insieme i cocci e a rifarsi il trucco, dopo che lo stesso Berlusconi - parole testuali - aveva detto che era divenuta «una specie di ectoplasma» e che ormai non esisteva più. Con quale credibilità il Cavaliere richiama oggi all'ovile gli ex alleati che poche settimane prima ha accusato senza mezzi termini di avergli impedito di governare e di avergli fatto perdere le elezioni del 2006? Come fingere che non sia successo nulla il 20 novembre 2007 a Milano, in piazza San Babila, quando ha annunziato solennemente che la CdL era morta e dalle sue ceneri nasceva il nuovo «Popolo della Libertà» (PdL)? Con quale faccia può presentarsi come «novità» una lista unica Berlusconi-Fini, sostenuta dalla Lega Nord e da una decina di partitini di serie B (senza UDC)? È chiaro a tutti che il PdL altro non è che la seconda edizione - pezzo più, pezzo meno - della prima CdL. Perciò, non occorre essere profeti per prevedere che il nuovo Governo Berlusconi, qualora nascesse, grazie al «porcellum» rischierebbe di fare la medesima fine del Governo Prodi. Tuttavia, la crisi presente non si spiega soltanto sul piano strettamente politico-istituzionale. Gli avvenimenti che l'hanno determinata e altri che poi l'hanno seguita ne mettono in luce la causa più profonda, cioè il grave deficit di etica pubblica, che affligge non solo i partiti e la classe dirigente, ma anche la società civile italiana. …
I nuovi scenari politici Fallito il tentativo di formare un nuovo Governo con il compito di realizzare la necessaria riforma della legge elettorale, il presidente Napolitano il 5 febbraio 2008 ha sciolto le Camere e ha indetto nuove elezioni politiche, fissate poi per il 13 e 14 aprile. Dunque, si tornerà a votare per la seconda volta con il famigerato «porcellum», sulla cui legittimità costituzionale è lecito avanzare qualche dubbio. …

Dunque, qualche sorpresa è ancora possibile. In ogni caso una sorpresa c'è già: è l'esordio, il 13 aprile, del PD e del Movimento federativo civico popolare Libertà e Solidarietà, noto come la «Rosa bianca». Sono due soggetti politici nuovi e «controcorrente», diversi per consistenza e per storia, ma entrambi potenzialmente dirompenti.Il PD, nato formalmente con le elezioni primarie il 14 ottobre 2007, è una realtà ormai consolidata, avendo alle spalle un lungo cammino, iniziato con l'Ulivo nel 1995. La vera forza del PD sta nel porre a suo fondamento, rinnovandola, l'ispirazione etica e culturale che impregna la nostra Costituzione, creando così «le condizioni per una svolta, non soltanto politica, ma anche culturale e morale, nella vicenda italiana» (Manifesto dei Valori, n.1). Si tratta di un partito plurale e culturalmente composito, la cui finalità «non è mettere insieme i resti di storie passate, ma elaborare una visione condivisa del mondo, costruendo su questa base il progetto di una nuova Italia» (ivi). Si propone perciò di superare l'attuale bipolarismo «ingessato», dando vita a «un bipolarismo nuovo, fondato su chiare alleanze per il Governo e non più su coalizioni eterogenee, il cui solo obiettivo sia battere l'avversario» (ivi). Non, quindi, un nuovo «Centro», ma un nuovo «Polo» riformista. Proprio perché rappresenta il nuovo, il PD è in grado di mettere in difficoltà il PdL, che invece ripropone, con qualche ritocco più di forma che di sostanza, il vecchio centro-destra. Fa bene, dunque, il PD a correre da solo alla Camera e al Senato. Il «no» chiaro e deciso a coalizioni eterogenee è, nello stesso tempo, il tentativo intelligente di neutralizzare il nefasto «porcellum» e una scelta coraggiosa, che non mancherà di suscitare molti consensi. Di fronte alla lista unica Forza Italia-Alleanza Nazionale, appesantita dal patto con molti altri partitini, un soggetto politico nuovo come il PD, con un'identità precisa e con un programma essenziale e convincente, può fare la differenza. È chiaro però che il PD si dovrà meritare la fiducia degli elettori, perché, andando «controcorrente» e con la legge elettorale che sappiamo, rischia di perdere; per accreditarsi, però, basteranno poche scelte chiare ed emblematiche, a cominciare dal ricambio generazionale nella formazione delle liste elettorali. L'altro soggetto politico esordiente, da seguire con attenzione, è la «Rosa bianca» di Savino Pezzotta, ex leader della CISL, e di Bruno Tabacci e Mario Baccini, due noti parlamentari usciti dall'UDC all'indomani della crisi di Governo. Ancora non si conoscono con esattezza l'identità e il programma di questa «cosa nuova». Tuttavia, dalla conferenza stampa di presentazione (9 febbraio 2008) è facile vedere che esistono numerosi punti di contatto con la cultura politica e con il programma del PD. I due soggetti politici sono tra loro certamente molto diversi, ma entrambi, senza alcuna nostalgia per il vecchio centro, pensano piuttosto a un nuovo soggetto politico riformista, chiaramente distinto sia da quello di destra del PdL, sia da quello della «sinistra radicale». L'aspetto più importante è il fatto che l'etica e la cultura politica a cui si ispirano i due nuovi soggetti politici convergono, ed entrambi coincidono sia nel rifiuto del «porcellum» e del bipolarismo «ingessato», sia nella convinzione che oggi esistono le condizioni per passare a un bipolarismo «virtuoso». Questo, sia perché la gente non ne può più della democrazia bloccata, sia perché le vecchie nomenclature sono superate nei fatti, sia perché molti cittadini, tentati dall'astensionismo e dall'antipolitica, potranno finalmente trovare un ideale per cui vale la pena impegnarsi. Per non deludere queste attese, sarà però necessario che i nuovi soggetti politici, le cui strade potrebbero un domani incrociarsi, evitino ogni forma, anche camuffata, di riciclaggio di personaggi e gruppi politici che si sono dimostrati inaffidabili. Ne va della loro credibilità e un passo falso potrebbe compromettere tutto. È prevedibile, infine, che l'esordio dei due nuovi soggetti politici produrrà un effetto liberatorio per molti elettori cattolici, finora obbligati a scegliere tra l'astensione e lo schierarsi (senza convinzione e spesso con disagio) a destra o a sinistra. In proposito, va riaffermato con forza che il pluralismo politico dei fedeli laici è ormai un'acquisizione consolidata; e altrettanto si deve dire della laicità e della legittima autonomia delle scelte politiche. Perciò, è normale che i cattolici militino in tutti i partiti democratici. Detto questo, però, è altrettanto evidente che i programmi politici, pur essendo democratici, non per questo sono ugualmente conformi agli ideali cristiani e all'insegnamento sociale della Chiesa. Nei nuovi scenari che si annunciano, la fine della rigida contrapposizione tra centro-destra e centro-sinistra consentirà ai cattolici di compiere finalmente una scelta serena, data la vicinanza culturale, etica e programmatica dei due nuovi soggetti politici con la tradizione del cattolicesimo democratico. Il 13 aprile essi potranno scegliere tra due realizzazioni diverse, ma entrambe coerenti, della intuizione di don Sturzo, il quale pensò sempre a un'area popolare e democratica, aperta a tutti i «liberi e forti», credenti e non credenti. Potranno scegliere, cioè, o la «fusione» nell'identità del PD o la «federazione» tra movimenti omogenei nella «Rosa bianca». In ogni caso, una cosa è certa per tutti: nel nostro Paese cambia il quadro politico e nascono scenari nuovi. Il 13 aprile gli italiani non saranno più chiamati a scegliere tra il vecchio centro-destra e il vecchio centro-sinistra: a vino nuovo, otri nuovi!

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